CIAMPINO – Un territorio che nasconde splendidi segreti e storie avvincenti

Ciampino

Un territorio che nasconde splendidi segreti e storie avvincenti

Una città di circa 38 mila abitanti ─ divenuta Comune nel 1974, a seguito della separazione da Marino ─ con un grande aeroporto e una notevole confusione edilizia. Questa è l’idea che di Ciampino si ha comunemente.
Poco si conosce della sua storia urbana, inghiottita nello sviluppo edilizio che dagli anni sessanta si è impadronito di questo territorio, territorio che nasconde splendidi segreti e storie avvincenti.
Innanzitutto il nome. Il nome si fa risalire a un prelato della Curia Pontificia, Giovanni Giustino Ciampini (morto nel 1698), proprietario di un casale che sulle mappe catastali viene indicato come il Casale di Ciampino, nel contesto di un ampio territorio agricolo indicato come Vigna Ciampini.
La piana di Ciampino vanta la nascita di primi insediamenti e di estese canalizzazioni già nel periodo del Bronzo Antico per arrivare a quello del Bronzo Finale (con abbandono della popolazione nel periodo del Bronzo Medio).
La storia di questa città è fortemente legata alle infrastrutture e alla volontà di soggetti “decisi” ad agire sul suo territorio e a trasformarlo: dagli acquedotti e dalle strade di epoca romana; alle ferrovie, inquadrate nel piano infrastrutturale voluto da Pio IX; all’aeroscalo caldeggiato da Maurizio Valentino Mario Moris; alla città giardino che vide come soggetto promotore la Cooperativa Colli Parioli, all’aeroporto.
Per questo Ciampino ha giocato tre ruoli: quello di importante nodo di collegamenti territoriali, viari e ferroviari, quello di “sostegno” residenziale al territorio, nonché quello di luogo di “recepimento” e “promozione” di modelli culturali europei (futurismo, a proposito dell’aeroscalo e movimento inglese delle città giardino).

Si comincia con l’acqua. La piana, successivamente alle canalizzazioni cui si è accennato, con la sua conformazione degradante verso Roma, è stata la via degli acquedotti romani. Qui, infatti, furono realizzati gli acquedotti dell’Acqua Tepula, Giulia, Appia, Alessandrina, Vurgo, Anio Vetus, Anio Novus, Claudia nonché il famoso acquedotto dell’Acqua Marcia.

Si continua con le strade. Già dall’epoca romana con la realizzazione della via Appia (312 a.C.), la zona si pone come via di penetrazione verso il sud. Ma all’Appia si aggiungeva anche un altro antico tracciato, la via Cavona, che fin dai tempi protostorici collegava l’interno alla costa.
Nel contesto di questa rete, l’area diventa soprattutto luogo di coltivazioni agricole (ad es. la fattoria in località Sassone) ma anche di fornitura di materiali per la costruzione di strade e di edilizia.

Si va avanti con la ferrovia. Nel periodo dell’arrivo delle ferrovie (Roma-Castelli Romani e Roma-Ceprano tra il 1856 e il 1892) viene riscoperta la vocazione agricola del territorio dopo circa un migliaio di anni di pastorizia e di abbandono dei territori che durava almeno dalla decadenza di Roma. Tale vocazione è strettamente legata alla domanda di derrate di Roma, nuova capitale del Regno d’Italia.
La Roma-Frascati viene inaugurata nel 1856, quella per Velletri nel 1863 e la Roma-Albano nel 1886. A ciò si aggiunga che, solo tredici anni dopo, Roma comincia a incrementare la sua popolazione a ritmi serrati (dal 1870 al 1911 la popolazione si triplica).
La prima stazione, nella zona di “Ciampino vecchia”, è il primo nucleo edificato, se si escludono i casali del ’600 realizzati sulla via dei laghi e delle Mura dei Francesi.
Constava di tre edifici (uffici e piccoli magazzini; ricoveri per il personale di servizio e per i viaggiatori) oltre al grande serbatoio dell’acqua. “Una Stazione da cui nessun viaggiatore scendeva e nessun viaggiatore saliva. Si sostava. Si attendeva che il passaggio dei treni in arrivo da Frascati o da Ceprano, sgombrando i binari unici delle due linee ferrate che proprio lì confluivano, consentisse di proseguire in sicurezza verso la meta prescelta.” (Luigi Zuzzi, gennaio 2007).
Nel 1892, per sopravvenute necessità tecniche legate al passaggio della nuova linea per Napoli, fu creata la nuova stazione.

Si arriva all’aeroscalo. E’ proprio qualche anno dopo che comincia a maturare l’idea di realizzare un aeroscalo da parte dell’Ispettorato per i servizi aeronautici, apparato tecnico dell’allora Ministero della Guerra, di cui era responsabile Maurizio Valentino Mario Moris.
Moris, appartenente a una ricca famiglia piemontese, cerca un’area per costruire e accogliere il prodotto di un suo agognato progetto: l’aeronave “G”, di grandi dimensioni (per altro mai realizzato). Dopo alterne vicende, per realizzare l’aeroscalo fu scelta un’area tra linea ferroviaria e la via Appia. L’area venne espropriata per motivazioni di pubblica utilità nel 1914. Prese quindi vita l’aeroscalo Pastine, con il suo grande hangar, che per 10 anni fu l’avanguardia del dirigibilismo mondiale.

E’ la volta della città giardino
Intorno al primo decennio del novecento entra in scena anche la questione del “supporto” residenziale. La Società anonima cooperativa, nata nel 1910, acquista nel 1916, proprio due anni dopo l’esproprio dell’area per l’aeroscalo, un ampio terreno di 11 ettari nella località Ciampino Nuovo, tra l’aeroscalo e il nodo ferroviario. Quindici giorni prima dell’acquisto, la Colli Parioli aveva depositato presso uno studio notarile un articolato in 13 punti con le regole per la costruzione del nuovo insediamento “Villaggio a tipo di Città giardino”. L’idea di questo insediamento che avrebbe dovuto offrire residenze di qualità al mondo del lavoro legato all’aeroscalo, non seguiva proprio perfettamente l’idea delle città giardino inglesi: era previsto che i lotti fossero venduti e in un primo momento non erano contemplate le aree destinate ad attività agricole, se non per piccoli orti adiacenti alla casa. Il “villaggio” non sarà mai completato e verrà sommerso da altri insediamenti che rispondevano a una domanda di alloggio diversa da quella per cui era stato concepito: una domanda proveniente da fasce sociali deboli (comunità di marchigiani, umbri e ciociari, cui si aggiunsero anche immigrati dalla Sicilia, Calabria e Campania) sollecitate dal mercato del lavoro aperto dalla politica agraria fascista e dall’aeroporto che, debordando dai confini originari, snaturò tutto il progetto.

Ciampino conserva nel suo territorio molto altro, di cui qui non si è parlato; archeologia, interessanti edifici religiosi e civili (anche in corso di riqualificazione): la Villa di Quinto Voconio Pollione (che era una grande azienda agricola nel periodo dell’impero romano) e il complesso dell’IGDO ─ vincolato dalla Sovrintendenza ─ non ne sono che una testimonianza.
Ciampino ha una ricchezza che non “traspare”. Forse un “sano” ridimensionamento dell’aeroporto (per altro localizzato per ¾ nel comune di Roma) in relazione alla creazione del nuovo aeroporto a Viterbo, potrà essere l’occasione per ripensare la strategia della città: una città che, oggi, svolge un importante ruolo di “supporto” residenziale per Roma (facilitato dalla presenza di più stazioni ferroviarie sul suo territorio: Ciampino, Sassone, Acqua Acetosa, Pantanelle e Casabianca); una città anche fortemente attrattiva rispetto ai Comuni contermini per la presenza di servizi (ad es. quelli scolastici); una città che posta a cerniera tra Roma e i Castelli Romani potrà in futuro, “riconoscendo” una propria identità collettiva, imprimere una nuova svolta di qualità alla riqualificazione del proprio territorio e alla vivibilità del proprio territorio.

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Si ringrazia Luigi Zuzzi per le informazioni fornite e per la consultazione degli studi da lui compiuti sull’area di Ciampino

scritto da Manuela Ricci |

Per la rubrica Centri Storici – Numero 81 maggio 2009
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