ROCCA di PAPA Una città impegnata ad affrontare i cambiamenti sociali e di ruolo che la storia le consegna

Rocca di Papa

Una città impegnata ad affrontare i cambiamenti sociali e di ruolo che la storia le consegna

Veduta di Rocca di PapaUn comune di circa 15 mila abitanti arroccato su una collina a 680 metri sul livello del mare: a guardarlo dal basso si rimane senza fiato per la spettacolarità e la potenza dell’immagine “urbana” che si prospetta con una forte compattezza insediativa. Gli edifici si abbarbicano, come petali di una pigna, al cratere del Monte Cavo, culminando con l’area della Fortezza pontificia a 753 mt e il tufo della rupe a coronamento. Vengono alla mente, mutatis mutandis, i centri storici di Positano e Morano Calabro che sembra non si vogliano staccare dai monti.
L’origine del nome è controversa; nelle varie ipotesi che si avanzano c’è quasi sempre di mezzo un Papa, che sia Papa Eugenio III − che nel 1181 rivendicava la sovranità pontificia sul Castello − o Papa

− che diede rifugio ai Tuscolani mentre i romani distruggevano Tusculum − o ancora PioII, sotto il cui pontificato fu restaurata la Fortezza pontificia.
Il territorio rocchiggiano era già abitato nel primo millennio a. C.; sul Monte Cavo si ergeva il Tempio di Giove Laziale, centro di incontro e meta di pellegrinaggi. Alcuni storici affermano che la capitale latina Alba Longa sorgesse in questo territorio, sulle sponde orientali del lago Albano proprio ai piedi del Monte Cavo.
Dopo la caduta dell’Impero romano, Rocca di Papa entrò nella gestione della chiesa romana. Il primo “affidamento” della città da parte dei Papi fu ai conti di Tuscolo; poi si successero gli Annibaldi. Nel 1426 entrarono definitivamente i Colonna (sotto il pontificato di Martino V-Oddone Colonna), che rimasero fino al 1816, la cui dinastia ha notevolmente influenzato Rocca di Papa.
La storia di Rocca di Papa è una storia di distruzione e ricostruzione: nel 1541 la Rocca fu distrutta, con il benestare del Papa Paolo III, da Pier Luigi Farnese, traendo pretesto dal rifiuto dei Colonna di pagare la tassa sul sale, in forza di un privilegio concesso loro un secolo prima da Martino V Colonna; nel 1577 un violento incendio distrusse quasi completamente l’abitato; un terremoto nel 1816 danneggiò numerosi edifici. Nel 1855 una terribile epidemia di colera decimò la popolazione.
L’emanazione del nuovo Statuto da parte del Cardinal Ascanio Colonna, dopo l’incendio e la ricostruzione ad opera di Marcantonio Colonna, dopo la contesa con i Velletrani; la proclamazione della Repubblica di Rocca di Papa al grido di “Dio e Popolo”, sono tutti eventi che stanno a testimoniare la forza di un paese a rispondere alle avversità e a proporre la “ricostruzione”.
La storia di Rocca di Papa, che si attesta in gran parte sui rapporti con i Colonna, è una storia, come scrive Carlo Cofini, di una comunità rurale, di ” un interessante campione di vita quotidiana all’interno dello Stato Pontificio, alla vigilia di considerevoli mutamenti politici in Europa”.
Infatti, nel 1426 Martino V, per dimostrare il suo favore verso i nuovi sudditi dei Colonna, indirizzò loro una Bolla che riconosceva i diritti goduti “ab immemorabili” di legnare, carbonare e pascolare nei boschi del territorio comunale, riducendone i tributi . E’ proprio sul riconoscimento di questi diritti, che ha investito la Macchia grande, ricca di alberi da legname forte e dolce, che si sono articolate le infinite e aspre controversie tra la comunità e i Colonna.
La struttura della città è singolare.
Ciò che rimane del primo insediamento, che risale al Medioevo, costituisce l’anima dell’attuale centro storico. Il sistema insediativo si diparte dall’alto verso il basso − scandendo l’età del patrimonio dalle origini più antiche a quelle moderne − come attorcigliato in una sorta di giro elicoidale di scale e vicoli con notevole pendenza. Questo sistema si attesta su alcune piazze che, nell’evoluzione urbana, hanno svolto ruoli che, oggi, si sono profondamente modificati.
Si parte dal nucleo in alto, composto dagli edifici più antichi, che si aggrega intorno alla piazza del Crocifisso, con l’omonima piccola Chiesa, che si apre sul vasto panorama della campagna sottostante. La chiesa fu ricostruita, dopo il crollo, nel 1850, grazie a uno scultore tedesco T. W. Achtermann, che fece dono di alcune sue opere di fine e potente fattura, conservate in questa chiesa e nel Duomo dell’Assunta.
Un vecchio forno che prepara il pane e i dolcetti locali ancora in maniera tradizionale è l’unico presidio in fatto di servizi che rimane qui ancora vivo, in un nucleo che presenta qualche fenomeno di degrado edilizio (con primi segni di riqualificazione) e vicoli strettissimi che non consentono l’accesso delle auto. E’ una parte abitata soprattutto da migranti, in particolare rumeni (la presenza straniera a Rocca di Papa si è incrementata del 50% negli ultimi 4 anni).
Ma i cambiamenti che attraversano la nostra società stanno generando un particolare fenomeno di convivenza, come ci racconta il proprietario del forno, tra migranti e una specifica fascia di popolazione, quella dei separati ormai “single” – prevalentemente di origine romana – che, come i migranti, sono in grado di pagare soltanto bassi canoni di locazione.
Lo spazio pubblico di riferimento era piazza XX Settembre, con un interessante fontana in pietra tufacea, che da 600 anni è luogo di ritrovo dei paesani e oggi luogo d’incontro dei migranti.
Scendendo si arriva a piazza Garibaldi, con la fontana denominata “La Barcaccia”, che gli abitanti chiamano comunemente piazza dell’Erba, in quanto vi sorgeva il mercato ortofrutticolo; è la piazza che conserva il ruolo civico di Rocca di Papa.
E’ qui, come anche nello spazio antistante la chiesa del Crocifisso, che si aprono quelle finestre “sull’infinito” che caratterizzano quasi tutti i centri storici dei Castelli Romani e che fecero dire a Massimo D’Azeglio:
“Ho veduto in vita mia grandi e belle estensioni di paese, in piano, sui mari, sui laghi, ma una vista come l’avevo dal balcone della mia camera a Rocca di Papa, e che tanto campo offrisse alla immaginazione, alle grandi memorie, al gusto artistico ed alla poesia, non l’ho incontrata in nessun luogo e neppure che le si avvicinasse “.
In basso, all’esterno del centro storico, Piazza della Repubblica è oggi quella più frequentata dai cittadini, “il nuovo”, più facilmente accessibile, anche a seguito della realizzazione di un recente e ampio parcheggio, che ha avuto la meglio sullo “storico”, certamente più difficile da vivere, anche a causa della minuta struttura viaria e alla sua faticosa pendenza.
Eppure, questo problema era stato risolto negli anni passati con una funicolare entrata in funzione nel 1906, che collegava Valle Oscura a viale Silvio Spaventa, che funzionava con un sistema di contrappesi mossi dall’acqua, poi smantellata e sostituita da una funicolare elettrica. Inaugurata nel 1932, collegava la stazione di Valle Vergine con piazza Garibaldi; rimase in funzione fino al 1963.
Un nuovo piano regolatore, che propone una politica per il centro storico; i finanziamenti recentemente ottenuti a seguito del Bando PROVIS, emanato dalla Provincia di Roma, per valorizzare il centro storico e per rilanciare Rocca di Papa come luogo di turismo e di villeggiatura: ci raccontano una città che si sta muovendo e sta cercando di affrontare i cambiamenti, sociali e di ruolo, che la storia recente le ha consegnato, cambiamenti che la città stessa ha mostrato, nel corso della sua storia, di avere la capacità di affrontare.

Si ringrazia Carlo Cofini per aver messo a disposizione i suoi studi su Rocca di Papa, in particolare il volume “Rocca di Papa, Repubblica di un giorno”

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(1) Da uno a mezzo rubbio d’orzo per casa e due soldi per soma la gabella del carbone e della legna.

scritto da Manuela Ricci |

Per la rubrica Centri Storici – Numero 82 giugno 2009
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