Nall’ambito delle celebrazioni per i 400 anni dalla morte di Caravaggio, l’Infiorata di Genzano celebra il grande artista lombardo, scomparso prematuramente a soli 39 anni, per il quale Roma rappresentò il momento di massimo fulgore artistico e maturità espressiva..
Una pittura fortemente innovativa, che rompe prepotentemente con la tradizione manieristica del ’500, elaborando, in stilèmi totalmente nuovi, l’antica arte classica e del Rinascimento.
Una rivoluzione pittorica che si espanderà nei cosiddetti Caravaggeschi, fin oltre la metà del ’700, diffondendosi in Italia ed all’estero: un modo “ardito” e nel contempo pervaso di umiltà, nel raccontare per la prima volta i grandi temi sacri interpretati da contadini e popolani, in un gioco di bui e luci dirompenti che scompongono la visione naturalistica per farne “racconto di sentimenti”.
L’impianto scenografico dell’Infiorata ” Omaggio a Caravaggio”
È indubbiamente difficile associare la pittura di Caravaggio alle leggiadre composizioni ed ai cromatismi dei tappeti floreali dell’Infiorata di Genzano. Ricordo di aver detto, all’inizio di questo lungo percorso, nei colloqui con i Maestri Infioratori, che dedicare un’Infiorata a Caravaggio era prima di tutto una sfida. Sfida nell’elaborazione di quei bui bituminosi nei quali affondano o si stemperano le scene caravaggesche: pochi colori, tante ombre, moltissimi riverberi di luce.
E poi il taglio narrativo scelto per raccontare in 12 tappeti, tre intermezzi e nelle cosiddette “Scalette”, un’avventura artistica di ineguagliabile intensità e prorompente pathos.
Più che mai necessario, a mio avviso, un impianto architettonico, un contenitore di forme e geometrie che legasse i cicli narrativi, creando in una visione d’insieme, una sorta di “quadreria del ’600″, deposta curiosamente lungo una via che sale, creando un museo all’aperto, nel quale il visitatore potesse immergersi senza mai interrompere il racconto, dall’inizio di Via Livia, fino all’apice, sotto la Chiesa della Cima, dalla quale parte la processione che attraversa solennemente l’Infiorata nella Festività del Corpus Domini.
Da questa esigenza di racconto unitario, sono nati i cinque cicli che emblematizzano l’opera di Caravaggio, fino all’omaggio ad un artista postcaravaggesco, Carlo Maratta, (1625-1713) che seppur formatosi alla scuola dei Carracci, conserva ancora in molti impianti cromatici e nei volumi, la dirompente forza e intensità del maestro lombardo.
Un modo quindi di tracciare una ” eco caravaggesca”, per tutto ciò che Michelangelo Merisi ha lasciato alla pittura, rendendo inoltre omaggio ad un maestro della Scuola romana tra ’600 e ’700, il Maratta, che soggiornò a Genzano negli ultimi anni della sua vita.
Un omaggio doveroso non solo a due capiscuola della pittura italiana, ma anche alla pittura in senso lato, alla bellezza e al “miracolo” che ogni anno si compie, da quel lontano 1778, di un’arte che si fonde in un’altra, fatta di fiori, essenze vegetali, semi e materie “segrete”, che paiono uscire dalle alchimie della Dea Flora.
I cinque cicli narrativi e le opere di Caravaggio e Maratta rappresentate nell’Infiorata 2010
Le nature morte e i ritratti profani
Un ciclo che caratterizza le opere giovanili di Caravaggio, influenzate ancora dalla frequentazione della bottega del pittore milanese Peterzano, detto il Veneziano e dalle scuole lombarde del Moretto e del Lotto. Dipinti improntati sulla minuziosa narrazione della natura e da una ritrattistica allegorica che ancora attinge al mito.
Celebri ritratti quali il «Ragazzo morso da un ramarro», dove una luce soffusa e chiara stempera la drammaticità della smorfia di dolore del giovane; nature morte dai colori vivaci e solari, come nella celebre «Cesta di frutta» del 1596 (Pinacoteca Ambrosiana, Milano), opera giovanile ma che già si pone in modo innovativo nei riguardi della tradizione fiamminga.
Non più il minuzioso “racconto” di petali, foglie e fiori, ma un naturalismo che fa del colore e della luce il tracciato espressivo verso un nuovo modo di “raccontare la natura”..
Il Sacro scende tra il popolo
Con i cicli di San Luigi dei Francesi e Santa Maria del Popolo, il sacro entra a far parte dell’iconografia caravaggesca. La raffigurazione naturalistica si carica di tensione espressiva, ed ogni racconto è “catturato” in una sorte di “culmine espressivo”. Le ombre si offuscano, lottando con luci che irrompono violentemente. I bagliori esaltano dettagli e significati, mentre il “Sacro scende nelle strade”. Opere drammatiche, martìri e dolore che emergono da fondali quasi neri, come nella ” Flagellazione di Cristo”. Santi e contadini dalle mani callose, volti segnati dalla fatica, popolane, umili donne, attorno a un Cristo pensoso e lontano, che ritroviamo nella “Cena di Emmaus”, del 1606, o nella tenerezza della giovane Vergine col bambino del “Riposo nella fuga in Egitto” del 1595.
Gli Angeli della rivelazione
Gli Angeli dipinti da Caravaggio sono portatori di luce e di salvezza. A cominciare dall’Angelo musicante, ritratto di schiena, che allieta il “Riposo nella fuga in Egitto”, al quale idealmente è affidata l’apertura della teoria di tappeti che compongono l’Infiorata.
O l’angelo barocco, raffigurato con le vesti scomposte in volute di veli, nel “San Matteo e l’Angelo” di San Luigi dei Francesi..
Angeli sublimi e tremendi patimenti, nella concretezza di una narrazione che non lascia scampo e, nel contempo, “attende la rivelazione e la salvezza”.
Gli intermezzi musicali : I dettagli: messaggeri di luce
Un tema, quello dei dettagli, al quale Caravaggio riserverà sempre un posto d’onore. Dettagli che emergono dalla luce, lembi di tovaglie di candido lino, frammenti di pane, decori di un elmo visto in penombra, delicate perle cadute sul pavimento, ai piedi di una “Maddalena penitente”, di straordinaria compostezza e malinconicità.
Dettagli che si fanno “racconto nel racconto”; così gli spartiti musicali, il violino, o lo stesso liuto dell’opera “Ragazzo che suona il liuto” dell’Ermitage di Leningrado, assunti quale tematica degli “Intermezzi musicali” che contrappuntano i 12 tappeti floreali che compongono l’Infiorata.
Un omaggio alla forza espressiva e spirituale della musica, così presente nell’iconografia caravaggesca.
Omaggio a Carlo Maratta
Al pittore Carlo Maratta, che può essere annoverato tra quegli artisti che mostrano chiare influenze caravaggesche, l’Infiorata rende un particolare omaggio, celebrando la sua presenza a Genzano, negli ultimi anni di vita, dove visse, con la figlia Faustina, in quel “Casino Maratta” che ancora si affaccia su via Livia.. Raggiunta Roma, città alla quale affidò gran parte della sua vasta produzione artistica, diede vita a quell’Accademia romana che, dalla seconda metà del seicento, impose un indirizzo classicheggiante alla cultura ed all’arte del tempo. Fu ritrattista eccellente, ma anche scenografo e decoratore, come testimoniano gli affreschi monocromi eseguiti in Vaticano nella Stanza di Eliodoro, intorno al 1670. La sua bellissima figlia Faustina, colta poetessa, nel breve soggiorno genzanese, animò lo studio del padre con un cenacolo di artisti e letterati.
Donna di grande fascino e finezza intellettuale, fu “violata” purtroppo dal rapimento voluto dal Duca Giangiorgio Cesarini, invaghitosi di tanta grazia e beltà.
L’accadimento drammatico e la vergogna, costrinsero Carlo Maratta ad abbandonare Genzano nel 1710 e a ritornare con la figlia a Roma, dove la morte lo raggiunse nel 1713.
Due le opere di Carlo Maratta che saranno raffigurate sulle “Scalette”, a coronamento dell’Infiorata: l’autoritratto del pittore, e l’intenso ritratto della figlia Faustina nel quadro allegorico ” La Pittura”.
scritto da Susanna Rossi Esser |
Per la rubrica Beni culturali – Numero 91 maggio 2010 di VivaVoce Rivista d’area dei Castelli Romani